Un segnale trasmesso a
distanza è soggetto a disturbi che
tendono a falsare il contenuto informativo del segnale stesso.
Senza indagare sulle
cause di disturbo (che possono essere
interne alle apparecchiature che generano, trasmettono e ricevono il
segnale, oppure esterne, dovute ad interferenze elettromagnetiche sul mezzo di
supporto della trasmissione), si può dire che questo si presenta come una
variazione casuale del valore istantaneo.
Finchè tale variazione
è piccola rispetto all’entità dei valori istantanei del segnale, l’effetto può
essere trascurato, ma in caso contrario si può giungere ad una deformazione che
rende irriconoscibile (e quindi inutilizzabile) il segnale ricevuto.
Un importante problema
delle telecomunicazioni è quindi quello di elaborare in ricezione il segnale
disturbato in modo da estrarre da
questo il segnale originario, e la tecnica numerica è particolarmente
adatta a tale scopo.
Esaminando la
distribuzione1) del disturbo, possono
essere considerati due tipi: il primo è il cosiddetto rumore bianco, che
presenta una distribuzione uniforme del disturbo casuale, cioè ogni valore
compreso entro limiti definiti (massimo positivo e minimo negativo) ha la
stessa probabilità di verificarsi di qualsiasi altro nella gamma.
Più realistico è però
il rumore
gaussiano, che presenta una distribuzione a campana attorno al valore zero
(più probabili valori piccoli rispetto a quelli grandi).
Nello studio sugli
effetti dei disturbi verranno quindi utilizzati algoritmi di generazione del
‘rumore’ di entrambi i tipi.
La Fig. 29.1 esemplifica il caso di un segnale
(sinusoide a 1 kHz, di ampiezza unitaria) disturbato da un ‘rumore bianco’ in
percentuale variabile (%rum = 20, nell’esempio), che viene generato con la funzione ‘random’ (rnd(1), cioè variabile casuale fra 0 e 1), opportunamente
centrata (-0.5) e divisa per 100.
Avendo scelto come
numero di campionamenti N = 4096 e come frequenza di campionamento fc = 10 kHz,
risulta un periodo di osservazione P =
409,6 ms.
Nella prima parte
della figura (a), viene riportato il campionamento del segnale nei primi 10 ms
(dove sono visibili 10 sinusoidi, campionate ciascuna in 10 punti e dove si
nota la diversità delle sinusoidi dovuta al disturbo).
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Fig.
29.1a - Generazione ed analisi di un segnale ad 1 kHz
con disturbo del 20%.
Il segnale vene poi
trasformato in spettro (S = fft(s)) e
ciascun modulo delle k frequenze ottenute viene rappresentato in
scala logaritmica.
Si noti a questo
proposito che utilizzando il coefficiente 20 come moltiplicatore del logaritmo,
si esegue il quadrato del segnale 2) quindi, per quanto visto nel capitolo
precedente, si ha lo spettro della potenza.
L’osservazione
riportata al fondo della fig.29.1a, consiglia l’utilizzo di una ‘finestra’ che
faccia meglio risaltare i limiti delle frequenze che rappresentano il segnale,
per isolarle da tutte le altre che
rappresentano il ‘disturbo’.
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Fig.
29.1b - Elaborazione del segnale precedente, per ricavarne il rapporto
segnale/disturbo.
Una finestra di
Hamming (v. capitolo 11) applicata al segnale, risolve il problema della
dispersione spettrale, come si può osservare nella fig.29.1b qui sopra.
Quindi la potenza
totale (PT) è data dalla sommatoria delle frequenze di tutto lo spettro, mentre
la potenza del segnale è ricavabile dalla sommatoria delle frequenze che ‘spiccano’ decisamente dal valore medio.
Il grafico sotto lo
spettro rappresenta lo stesso ingrandito nella zona di k
(da 405 a
415) ove è presente il segnale.
Si nota che la potenza
è superiore a -40 dB per
k tra 408 e 412, al che
corrispondono frequenze (fk
= k / P) fra 996.09 e
1005.86 Hz 3) .
La potenza
corrispondente al segnale è dunque la sommatoria del quadrato dei moduli entro
questi limiti.
Un’ulteriore
precisazione sul coefficiente moltiplicatore
4/N, che è dovuto semplicemente al modo come il MathCadâ
dà il risultato della fft : in realtà ciò non sarebbe necessario perchè poi per
il calcolo del rapporto segnale / disturbo si deve appunto fare un rapporto,
quindi questo coefficiente si elimina 4)
.
Il rapporto segnale /
disturbo viene semplicemente ricavato dal rapporto fra la potenza del segnale
(PS) e la differenza fra la potenza totale e quella del segnale (PT-PS, che è
quindi la potenza attribuibile al rumore), rapporto poi espresso in dB.
Si osserva che la
potenza totale del segnale disturbato potrebbe essere ricavata direttamente
dalla sommatoria dei quadrati di s, divisa per il numero di campionamenti 5) , ma che l’analisi nel tempo non
permetterebbe la distinzione fra segnale e disturbo, come fatto con lo spettro
delle frequenze.
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Fig. 29.1c - Ricostruzione del segnale con eliminazione
del rumore
Ma l’analisi in
frequenza consente di raggiungere un risultato pratico ancora più significativo: se riusciamo a separare
il segnale dal rumore, possiamo eliminare quest’ultimo e ricostruire quindi il
segnale senza il disturbo. La Fig.
29.1c mostra questa procedura sullo stesso segnale utilizzato per il calcolo
del rapporto segnale/disturbo.
Le tecniche numeriche
consentono però ancora di più: se il segnale trasmesso fosse sottocampionato,
la sua ricostruzione in ricezione darebbe una serie di gradini che renderebbe
evidente l’approssimazione. In questi casi si può ricorrere ad algoritmi di interpolazione, che permettono di migliorare notevolmente il
segnale in ricezione.
Essenzialmente il
principio utilizzato è l’allargamento dello spettro (che corrisponde ad un più
fitto campionamento) con la semplice aggiunta di zeri nel tratto dalla massima
frequenza originale alla nuova massima.
Per tener conto di
questo allargamento, occorre però moltiplicare ogni modulo originale per un
coefficiente correttore.
La Fig.29.2 indica un esempio di applicazione
del metodo, in cui una frequenza (f=215 Hz) è campionata ogni millisecondo
(cioè meno di 5 campionamenti nel periodo).
Con un allargamento
dello spettro di ki volte (ki=4 nell’esempio), si ottiene un campionamento
altrettante volte più fitto, quindi una ricostruzione più accurata.
L’ultimo grafico della
figura mostra appunto il confronto fra la ricostruzione con lo spettro
originale (x) e quella con lo spettro allargato (y).
Naturalmente è
possibile anche l’operazione inversa, utile per restringere la banda in
trasmissione: quest’ultima è chiamata decimazione, in quanto toglie (cioè
azzera) una parte dello spettro originale.
Come verrà illustrato
nelle appendici, queste operazioni sono facilitate dalla disponibilità di
apposite funzioni software che eseguono in modo formalmente semplice tutte le
procedure necessarie.
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Fig. 29.2 - Esempio di interpolazione nella
ricostruzione di un segnale sottocampionato.
1) In statistica si definisce distribuzione l’andamento della probabilità che si verifichi un dato evento : ad es. lanciando un dado si ha la stessa probabilità (distribuzione uniforme) per tutti i numeri interi compresi fra 1 e 6, ma se il numero di dadi lanciati aumenta, la probabilità per i vari risultati è diversa.
Più sono i dadi, più la distribuzione si avvicina ad una forma a campana (tipica della distribuzione gaussiana)
2)
Il decibel (dB) è definito come 10·log(Pu / Pi), con Pu potenza in uscita e Pi
potenza in ingresso. In questo caso si suppone Pi unitario e Pu = (segnale)2
, quindi si ha: 10·log(|S|2 ) = 20·log(|S|).
3) La frequenza fondamentale dello spettro
è 1/P, in questo caso essendo P=0.4096
sec si ha come fondamentale 2.44141..
Hz, e tutte le altre sono multiple (k) di questa.
4) Il coefficiente permette tuttavia di
valutare per altra via lo scadimento del segnale: teoricamente una frequenza di
ampiezza unitaria ha una potenza di 0.5 (se il periodo di osservazione
contenesse esattamente un numero intero di sinusoidi), mentre la potenza utile
rilevata sul segnale disturbato risulta
0.398.
5) Si osserva anche che la potenza del solo
disturbo non è, come si potrebbe credere, legata semplicemente alla percentuale
di rumore rispetto all’ampiezza del segnale: la distribuzione casuale uniforme
fa risultare questa potenza decisamente più piccola. Infatti nel caso esaminato
del 20% di rumore, tale potenza è ...............