Capitolo 19 )              Risonanza  e  instabilità

 

 

 

Si è visto che i blocchi normalizzati quali la struttura biquadratica permettono la costruzione, mediante opportune trasformazioni algebriche, di qualsiasi funzione di trasferimento di cui sia nota la forma generalizzata.

 

Naturalmente il blocco stesso deve poter svolgere le operazioni fondamentali richieste dalle relazioni differenziali insite nelle funzioni di trasferimento, in particolare l’integrazione e la derivazione.

 

Anche se già accennato precedentemente, è opportuno insistere su questi aspetti per meglio comprendere le caratteristiche del blocco e l’influenza dei vari coefficienti.

 

Riferendoci dunque ad una struttura biquadratica  (pag. 18-1)

 

                                      

 

è immediato riconoscere che ponendo a  0 i coefficienti   a2  e   b2  la struttura si riduce ad una del primo ordine

 

                                       

 

con cui si possono svolgere:

 

-  l’integrazione pura ad approssimazione rettangolare, ponendo  a1=0   e   b1=1

   Infatti                 si trasforma nel tempo in           yt  = yt-1 + a0·xt

   in cui intuitivamente  yt-1   (l’uscita all’istante che precede t) è la ‘memoria’, cioè

   la sommatoria di tutte le uscite precedenti, cui si aggiunge il valore d’ingresso

  all’istante  t  moltiplicato per  a0 , che rappresenta  la costante d’integrazione.[1])

 

-  l’integrazione pura ad approssimazione trapezoidale, ponendo  a0=1/2 , a1=1/2

   e   b1=1.

   Infatti            si trasforma nel tempo in     yt  = yt-1 + (xt+xt-1)/2

 

  che rappresenta una maggior approssimazione rispetto all’algoritmo precedente

  (per semplicità si assume che la costante d’integrazione sia unitaria).

 

 

- la  derivazione  pura, ponendo   a0 =  1/DT ,   a1 = - 1/DT    e    b1 = 0.

  Infatti             si trasforma nel tempo in           yt  = (xt - xt-1)/ DT

  che non è altro che la derivazione alle differenze finite.

 

 

- la  costante di  tempo,  ponendo  a0 = DT/(T+DT),  a1 =0   e    b1 = T/(T+DT)

  Infatti            si trasforma nel tempo in  

                                                                       yt  = yt-1·T/(T+DT) +  xt·DT/(T+DT)

 

 che è lo stesso algoritmo visto a pag. 17-3. 

 Possiamo vedere  b1 (che risulta sempre <1) come il decadimento della memoria

 yt-1 ,  mentre   a0   rappresenta  l’accrescimento  dovuto  al  segnale  d’ingresso  xt,

 entrambi durante l’intervallo  DT.  Nel caso di ingresso a gradino il risultato è un andamento esponenziale che tende al valore d’ingresso.

Si noti infatti che  a0 +  b1 = 1, il che fa tendere all’equilibrio quando il decadimento dell’uscita praticamente uguaglia  l’incremento dell’ingresso.

 

Una maggior approssimazione è ottenibile ponendo  a0 = 1 -  e -DT/T   e   b1 = e -DT/T

valori che tengono conto dell’andamento esponenziale anche all’interno dell’intervallo DT.

 

 

Tornando alla struttura biquadratica completa, si può osservare che questa si rende necessaria per tener conto di casi in cui  le soluzioni non sono reali ma complesse coniugate.

Se si considera il caso di due costanti di tempo reali, si può indifferentamente utilizzare il prodotto di due strutture del primo ordine oppure una struttura biquadratica completa, ma quest’ultima è la sola possibile ove le costanti non siano reali.

 

Esaminiamo prima il caso di due costanti di tempo reali  T1   e   T2.

La  Fig 19.1 mostra la conversione algebrica della relativa funzione di trasferimento H(s)  nei coefficienti del denominatore di una  H(z)  biquadratica.

 

Per inciso si segnala che tali trasformazioni sono eseguibili direttamente in  Mathcadâ, utilizzando le possibilità offerta da questo nell’elaborazione simbolica delle espressioni algebriche, quali la sostituzione di variabile (Substitute for Variable), l’espansione in somma di termini (Expand Expression) e la successiva  raccolta in  potenze  (Collect on Subexpression).

 

I risultati sono le espressioni di  b1  e  b2  in funione delle costanti  T1,  T2  e  DT.

Analogamente è possibile ricavare viceversa le espressioni  di  T1  e   T2  in funzione di  b1 ,  b2   e    DT.

 

Da queste ultime si può notare che, con  b1  e  b2  reali, la radice quadrata impone       

il vincolo    b12 + 4·b2 ³ 0  per ottenere soluzioni  reali di  T.

 

 

Fig. 19.1   -    Espressioni per il calcolo dei coefficienti biquadratici date le  costanti di tempo e viceversa.

 

 

Se tale vincolo non è rispettato si ottengono evidentemente valori di  T1 e T2  con  una parte immaginaria  di segno opposto, cioè due valori complessi coniugati.

 

L’effetto di questo sull’andamento della funzione di trasferimento  H(z) è un aumento del valore del modulo che può assumere l’aspetto di un picco all’intorno di una frequenza che viene chiamata  frequenza di risonanza.

 

La risposta nel tempo ad un impulso o ad un gradino diventa in questo caso oscillante, indicando che il blocco è caratterizzato da elementi che si scambiano vicendevolmente energia .

 

Il più semplice esempio meccanico è una massa appesa ad una molla: se il sistema viene perturbato applicando alla molla una forza che varia la posizione della massa, quando si toglie  tale forza il sistema torna alla posizione iniziale ma con movimenti oscillanti attorno a questa.

 

Tali oscillazioni sono  ‘smorzate’, cioè la loro ampiezza si riduce man mano fino praticamente ad annullarsi, solo se esiste un elemento dissipatore dell’energia che alternativamente viene scambiata fra la molla (energia elastica) e la massa in movimento (energia inerziale), altrimenti  le oscillazioni permarrebbero indefinitamente.

 

 

Fig. 19.2   -    Risonanza in un blocco biquadratico.

 

 

 

Un esempio analogo nei circuiti elettrici è rappresentato dallo scambio di energia fra  induttanze e capacità: solo la presenza di resistenze dissipatrici porta alla riduzione delle oscillazioni.

 

Si  comprende quindi che in presenza di fenomeni oscillatori il concetto di costanti di tempo perda di significato e che per il loro studio sia più utile introdurre altri parametri quali la  frequenza naturale (fnat)  e  il   fattore di smorzamento  (a, damping factor).

La  Fig. 19.2  riporta le espressioni  di calcolo dei coefficienti del blocco biquadratico (ridotto a 3 coefficienti, cioè considerando solo la parte passa-basso), in funzione di tali parametri.

 

Le espressioni sono state ricavate considerando al posto delle costanti di tempo  T1  e  T2  le equivalenze

                                                    

 

Si noti che pur essendo T1  e  T2 numeri complessi, i  due  parametri risultano reali.   Infatti  la radice quadrata del prodotto di due numeri complessi coniugati  equivale al modulo e la loro somma equivale al doppio della parte reale.

 

La frequenza naturale (in  Hz) corrisponde dunque alla frequenza di oscillazione permanente che il sistema avrebbe in mancanza di smorzamento, mentre il coefficiente di smorzamento è dato dal rapporto fra la parte reale delle costanti di tempo (ovviamente uguale per entrambe) ed il loro modulo (radice quadrata della somma dei quadrati della parte reale e della parte immaginaria).

 

Quest’ultimo può perciò variare  da   0   a  1: precisamente  a= 0  quando la parte reale è zero (caso di smorzamento nullo, quindi con oscillazioni permanenti)  e   a=1  quando la parte immaginaria è zero (cioè T1  e  T2 coincidenti e reali).

 

Se la parte reale è negativa, e quindi è negativo  a, si ha  instabilità, cioè il blocco, una volta eccitato, oscilla con  ampiezze crescenti e non torna più in equilibrio.

Questa possibilità, dovuta alla reazione propria del blocco ricorsivo, deve essere attentamente evitata e nella determinazione dei coefficienti di ciascun blocco  deve essere verificato che ciò non accada in nessun caso.

 

La  Fig. 19.2 mostra anche il calcolo della  frequenza di risonanza, cioè di quel valore di frequenza per cui il modulo  della funzione di trasferimento diventa massimo, cioè del picco nel diagramma di Bode.

Tale valore varia in funzione di a e coincide con la frequenza naturale solo  per  a=0, diminuendo poi fino alla  frequenza zero.

Si osservi che questa si ha per  a=1/Ö2@0.707 in quanto la radice nella formula della frequenza di risonanza impone questo massimo. Tale valore corrisponde allo  smorzamento critico, non più oscillante ma che presenta nel caso di ingresso a gradino una sovraelongazione dell’uscita prima di stabilizzarsi al valore finale.

Per tutti i valori compresi fra questo ed 1, la sovraelongazione si riduce fino ad annullarsi (a=1).

 

Per una migliore  comprensione dei vari casi citati la  Fig. 19.3 riporta per ciascuno sia il diagramma di Bode del modulo (Fig.19.3a), sia le risposte nel tempo all’impulso e al gradino (Fig.19.3b, solo nei casi di risonanza).

Non viene illustrato il caso di instabilità perchè ritenuto intuitivo.

 

I casi di smorzamento nullo (H1) e di smorzamento critico (H2) sono illustrati  nel primo diagramma (con scala delle ampiezze in dB amplificata) per evidenziare l’allargamento della banda passante. La conseguenza è una maggiore rapidità di risposta di  H2  rispetto ad  H1.

 

 

Fig. 19.3a   -    Diagrammi di blocchi biquadratici risonanti.

 

 

 

Nel secondo diagramma sono rappresentati 3 casi di risonanza H3, H4 ed H5, a diverso grado di smorzamento.

Il valore massimo del picco è molto influenzato sia dal tempo di scansione (è stato qui utilizzato  DT=100 ms) che dalla precisione dei coefficienti, quindi da qualsiasi troncamento dei dati calcolati.

 

La frequenza naturale è stata nell’esempio stabilita a 50 Hz ed è infatti vicino a questo valore che si trovano i picchi di risonanza (se  a tende a zero la frequenza di risonanza tende a quella naturale).

 

La  Fig. 19.3b  mostra i segnali d’uscita  y3, y4  ed y5  ottenuti applicando rispettivamente ad  H3, H4 ed H5  dapprima un  segnale d’ingresso  x  ad impulso unitario (primo grafico) e poi un segnale x a gradino unitario (secondo grafico).

 

In entrambi i casi è stata utilizzata per ricavare  y  la medesima equazione ricorsiva, funzione com’è noto dei coefficienti   a0,  b1   e   b2 della particolare  H(z), nonchè dei  valori di  y  negli istanti precedenti.

 

 

Fig. 19.3b   -   Risposte nel tempo di blocchi biquadratici risonanti.

 

 

L’unica variante nei due grafici è la definizione di  x , che per il primo è sempre zero fuorchè all’istante n=2 in cui viene posto  uguale ad 1, quindi un impulso che dura un intervallo di scansione, mentre nel secondo è sempre 1 fuorchè all’istante iniziale, quindi un gradino.

Naturalmente i calcoli degli  y  (non mostrati nella figura) devono iniziare dall’istante n=2, per non avere indici negativi.

Per poter svolgere i calcoli  i valori iniziali di   y0  e  y1  devono essere posti a zero.

 

La scala dei tempi è determinata da  DT, e poichè l’intervallo di scansione è stato fissato in 100 ms, l’unità di  tn  risulta in ms.

Si può infatti notare che il periodo  di oscillazione è all’incirca di 20 ms.[2])

 

 

 

L’esame  dell’influenza dei vari coefficienti del blocco biquadratico ha finora  riguardato il denominatore, cioè i coefficienti  b,  che caratterizzano, come visto,  un generico comportamento passa-basso o di tipo integrale.

L’unico coefficiente considerato non zero del numeratore,  a0, è stato utilizzato per fissare il ‘guadagno’ di tutto il blocco, cioè per fissare nel diagramma di Bode la posizione di tutto il grafico rispetto la retta di 0 dB.

 

Si è però già accennato al fatto che il numeratore rappresenta la parte derivativa o passa-alto. Se infatti si  pone semplicemente    a1 = -a0   si  aggiunge  all’azione del denominatore un effetto derivatore puro, che azzera il  guadagno a frequenza zero.

Come visto alla  Fig. 18.4 , questo porta ad un filtro passa-banda 

                                                              

 

Fig. 19.4   -    Semplice filtro passa-banda con l’utilizzo di un blocco biquadratico.

 

 

Se  a questo si aggiunge l’effetto di risonanza, si possono ottenere filtri altamente selettivi.

Per trattare questi ultimi è però prima opportuno definire un’ulteriore forma di parametrizzazione dei coefficienti del blocco biquadratico.

 

Se si considera la funzione di trasferimento H(z)  come un’equazione, se ne possono ricavare  gli  zeri  (soluzioni di z ottenute ponendo uguale a zero il numeratore) ed i poli (soluzioni di z ottenute ponendo uguale a zero il denominatore, quindi rendendo infinita la funzione).

 

Questi valori, rappresentabili nel piano complesso z, hanno precisi significati nel comportamento del blocco.

 

 La   Fig. 19.5  mostra  tali rappresentazioni in forma di vettori  polari,  definiti cioè ciascuno dal modulo  r  e dall’angolo  Q.  Poichè, data la struttura biquadratica,  tali valori possono essere o reali o coppie complesse coniugate, o risultano direttamente sull’asse orizzontale o sono simmetrici rispetto a questo.

 

Il cerchio rappresenta il luogo dei punti per cui  r=1, mentre l’angolo  Q  rappresenta l’incremento angolare di ciascuna freqenza durante l’intervallo di campionamento,  Q =  p·f ·DT.

 

 

Fig. 19.5   -    Rappresentazione di zeri e poli di un blocco biquadratico

                        nel piano  z.

 

Nei casi di soluzioni complesse coniugate le relazioni  fra poli e zeri rispetto ai coefficienti  a  e  b   sono:

 

 zeri                                   

 

  poli                                       

   

e  rispettivamente, dati   r   e   Q

 

                a0 = 1              a1 = -2·rz·cos(Qz)             a2 =  rz2

 

                           b1 =  rp·cos(Qp)            b2 =  rp2

 

Con i dati della  Fig. 19.4,  b1=1.7   e   b2= - 0.75 ,   si  avrebbe   rp=0.866   e    Qp = 0.183  (@11°), mentre per il numeratore, essendo di primo ordine e con soluzione reale, si ricaverebbe direttamente     rz=1   e    Qz = 0.

 

Fig. 19.6   -    Interpretazione  geometrica  di   z   e  di   H(z)   nel piano  complesso.

 

 

 

L’interpretazione geometrica che si può dare alla rappresentazione nel piano complesso ( Fig. 19.6) è  che un generico punto P sul cerchio unitario corrisponde alla  z di una data frequenza (z=ej·2p·f·DT) e, nel caso in cui vi sia un solo zero, che il modulo della  funzione  H(z) corrisponde al rapporto  della distanza fra il punto e lo zero (d0) ed il prodotto delle distanze fra il punto ed i poli ( d1·d2).

 

Ciò può essere ricavato scrivendo la funzione  H(z)  con lo zero e i poli in forma polare:

                                                                 1  -  rz ·  z-1

                                 H(z)  =                                                 

                                                (1  -  rp · eQp· z-1) · (1  -  rp · e-j·Qp· z-1)

 

Sostituendo poi   z-1 =  e-j·Q   (dove  Q=2·p·f·DT  ed il corrispondente  r=1)   si ottiene

 

                                                                 1  -  rz · e-j·Q   

                                 H(z)  =  

                                                (1  -  rp · eQp· e-j·Q) · (1  -  rp · e-j·Qp· e-j·Q)

 

cioè

                                                             ½( eQ  -  rz) · eQ ½

                               ½H(z)½ =                                                  

                                                 ½(eQ  -  rp · eQp) · (eQ  -  rp · e-j·Qp) ½

 

da cui  risulta che i moduli del numeratore e del denominatore corrispondono  alle distanze sopra definite (eQ  è il vettore di P,   rp · eQp  il vettore del primo polo, ecc.).

 

Questa parametrizzazione in funzione dei poli e dello zero, consente importanti considerazioni.

La prima è che la risonanza è tanto più elevata quanto   rp   tende ad  1.

Con  rp=1  si ha  un’oscillazione permanente  e  per   rp>1   si ha instabilità.

 

Un’altra è che se  rz=1 si ha  H(z)=0  a  frequenza zero, cioè si ha il caso già visto di blocco  della componente continua.

 

La più importante è però quella che riguarda il caso di guadagno costante in corrispondenza della risonanza, indipendentemente dalla frequenza di risonanza.

Se infatti si pone   Qr=2·p·fr·DT,   rz=cos(Qr)   e    Qp=Qr,  si ottiene che  il modulo di  H(z)  rimane praticamente invariato a qualsiasi  fr.

Ciò è dimostrabile geometricamente nel campo  z  osservando che in questo caso, purchè vi sia netta risonanza cioè che  rp   tenda ad  1,  la distanza  d2 è praticamente  il doppio di  d0, e che  d1  si riduce a   1-rp.

In sostanza si ha in questo caso in corrispondenza di  fr

 

                                                         1

                                 ½H(z)½ @

                                                    2·(1-rp)

 

 

Fig. 19.7   -    Risonatore a guadagno indipendente dalla frequenza di risonanza.

 

 

 

 

Ciò ha una notevole importanza pratica perchè permette di progettare filtri altamente selettivi con banda e guadagno ben definiti.

 

La  Fig. 19.7  è un esempio di tali filtri, in cui si è stabilita una frequenza naturale (qui uguale a quella di risonanza) di  50 Hz  e si è imposto un guadagno  1   in corrispondenza di questa.

La scelta di  r=0.98  (quindi molto vicino ad 1) condiziona sia il guadagno che la banda passante.

 

Il risultato è visibile nel diagramma di Bode oppure, per confronto, in diagramma lineare. La selettività ottenuta è evidente.

 



[1])  Si può dare un significato più ‘fisico’ a questo coefficiente considerando  che se x è un gradino unitario  a0/DT  è la pendenza della retta (in realtà una gradinata) che rappresenta l’andamento dell’uscita nel tempo, oppure che il suo inverso uguaglia il numero di intervalli di campionamento  DT  necessario per raggiungere il valore d’ingresso.

[2]) A rigore la frequenza di oscillazione uguaglia quella naturale solo in assenza di smorzamento.

   Per  a¹0    tale frequenza è data da       fnat·Ö(1-a2) ,    quindi differisce anche dalla frequenza  di   risonanza.